A Teatrosophia il “Processo a mio figlio” fa il tutto esaurito

L’ amore paterno e lo stigma sociale, la repressione, la gogna riservata agli “invertiti”. Esseri umani considerati alla stregua di virus. Accusati di infettare la società con il loro semplice esistere. Gli omosessuali erano una vergogna e un problema, all’epoca del ventennio fascista. Il Regime non dava loro possibilità di esprimere il proprio io, gli istinti, le emozioni e i sentimenti. Giammai, meglio far firmare ai genitori la condanna al confino. E nascondere, per sempre.

“Processo a mio figlio”, andato in scena dal 2 al 6 novembre sul palco di Teatrosophia, a Roma, è anzitutto uno spettacolo che esibisce le fortissime tensioni interiori di un padre e di un figlio. Il padre, Francesco Giannotti, firma e consegna le carte ai funzionari. Preferisce che il figlio, Flavio Marigliani, venga allontanato, nel silenzio e in un luogo lontano. So far away dai perfidi occhi del giudizio, dalle parole di offesa, dai gesti di esclusione.


Ma ai legami di sangue non si comanda. L’ amore reciproco tra un padre e un figlio è superiore, è fisico ed emotivo. La tensione dei corpi, sul palcoscenico, è vibrante, nervosa, quasi violenta. I respiri sono profondi e affannosi, le voci toccano note di forte enfasi. La regia inappuntabile diGuido Lomoro e i movimenti coreografici e scenici disciplinati con maestrìa da Maria Concetta Borgese esaltano le note drammaturgiche del testo.

La scrittura di Antonio Mocciola ancora una volta stupisce, disturba, trafigge. Centra il punto, la mancanza di giustizia e giustezza in certe scelte. Il dramma irreversibile della separazione e le forzature di un sistema inspiegabilmente ingiusto. Ma lascia anche fenditure, che la sintonia emotiva tra i due protagonisti allarga a voragini. E si fanno slanci, ad accettare le verità nascoste, ad ammettere i bisogni. Dallo spettacolo ci portiamo a casa un assunto attualissimo: uno vale uno, siamo esseri pensanti e pulsanti, ma purtroppo incasellati in sistemi –  e assurdi – che ci costringono al compromesso.

E il pubblico? Ha risposto alla grande, con 5 serate da tutto esaurito e applausi convinti.

Teatro Roma
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