C’era una volta a Hollywood: il primo romanzo di Quentin Tarantino

Se amate il cinema di Quentin Tarantino, se amate le atmosfere della Hollywood degli anni 60, un po’ mitici e un po’ rocamboleschi, allora amerete senz’altro il primo romanzo di Tarantino: “C’era una volta a Hollywood” (La nave di Teseo), nella bella traduzione di Alberto Pezzotta.

Il regista, dopo aver imposto il suo modo personale di fare cinema, ci fa entrare nel suo universo narrativo, con l’urgenza di chi ha tanti mondi da condividere e non vuole recinti entro cui pressarli.

È quello che succede con la sceneggiatura di “C’era una volta a Hollywood” (2019). Tarantino disegna il mondo hollywoodiano, con i suoi personaggi (reali o romanzati), con gli attori già vecchi a 40 anni, in cerca di una fama duratura, mentre lottano per non essere dimenticati o per non finire in film di serie B.

È  un mondo complesso, fatto di dipendenze, di alcool a fiumi, di rivoluzioni che coinvolgono tutta la società.  Il materiale che serve per tratteggiare questo mondo e questi personaggi è molto più vasto della sceneggiatura di un film. Serve a dare spessore all’interpretazione di Brad Pitt, di Leonardo di Caprio, ma rimane sempre dietro le quinte, quasi un’abbondanza che deve essere scartata.

Oggi Quentin Tarantino decide di dargli vita, di non trattare più la sua prolifica immaginazione come superflua e pubblica quindi il suo primo romanzo, dando origine a qualcosa che potrebbe essere un nuovo genere, un mix tra racconto, sceneggiatura e novelization.

Lo spiega molto bene lui stesso in una lunga e interessante intervista a Deadline.com, dove è chiara la necessità di aggiungere dettagli che spieghino meglio il mondo della sua fantasia, i caratteri dei personaggi, il loro vissuto.  Una sorta di immersione che necessita di tempo e tanti dettagli.

È appassionante infatti scorrere le pagine di questo libro e sembra davvero di esserci nella Hollywood degli anni 60, con la rivoluzione sessuale e il sessismo, con il miraggio di una vita facile e lussuosa e la crudeltà dell’oblio, di attori osannati e poi improvvisamente dimenticati.

Un mondo dove esistono i kolossal e poi le pellicole fatte con pochi soldi, attori improbabili, budget inesistenti. Un sottobosco di persone che vivono alla giornata e si ingegnano per non uscire completamente dal giro.

Nel libro, così come nel film, si mischiano personaggi veri a episodi inventati, uomini che vivono un’epoca di passaggio, tra il movimento hippy e una nuova libertà sessuale.

Tarantino riesce a far rivivere quel mondo ma anche lo arricchisce, ne cambia situazioni e finali, si avvale del privilegio di essere l’autore e di decidere quindi della trama.

Così come vedere un film di Quentin Tarantino è totalizzante e spiazzante, anche leggere il suo libro è aprire la porta di un altro mondo, immergersi in esso e guardarlo con la profondità della tridimensionalità, girarsi a 360 gradi.

“Hollywood, 1969 – Bisognava esserci…….”  Scrive Tarantino all’inizio del libro ed è questo che succede leggendo “C’era una volta a Hollywood”

È un’esperienza che davvero vale la pena di provare, per tutti quelli che amano le storie di Tarantino, ma anche in generale per quelli che amano i bei libri.

L’arte ci fa vivere mondi che altrimenti non conosceremmo e Quentin Tarantino è in questo un maestro dell’immagine e da ora anche della parola.

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