Gian Luca Giudici, ossia l’arte di riempire gli stadi senza pallone

Molto probabilmente il mestiere del produttore è ben chiaro soltanto a chi, come Gian Luca Giudici (al centro della foto tra i suoi collaboratori, Tania Vega e Luigi Marinelli), esercita questa professione da 30 anni, ma non è detto, perché è una professione talmente personalizzata che ognuno la interpreta a modo suo. I produttori di teatro di prosa svolgono attività completamente differenti da quella di Giudici; tra i cinematografici esistono coloro che hanno fiuto per i talenti e altri che intuiscono solo dove reperire i denari. Gian Luca, invece, si è specializzato nell’organizzare i grandi eventi, soprattutto i concertoni: se si può riempire uno stadio tanto meglio, anche per un grande teatro riscalda i motori, altrimenti preferisce restare ai box. Giudici, classe 1969, definisce il produttore un visionario, un artista razionale, l’unico che deve rimanere lucido in un mondo di emozioni.

Alla Sound Art 23 di via Ferrari è stato presentato Emozioni dietro il palco. Gian Luca Giudici: lo spettacolo in una vita, documentario di Valerio Polverari sulla carriera del più noto produttore italiano degli ultimi anni. Formatosi al fianco di Adriano Aragozzini, colui che portò in Italia star come Ella Fitzgerald, Ray Charles, Tina Turner, e che fu il manager di Domenico Modugno e di Patty Pravo, Giudici è approdato definitivamente alla serie A del mondo dello spettacolo nel 1998 con il concerto di Claudio Baglioni all’Olimpico: un evento innovativo con il palco piatto al centro del campo in modo da poter sfruttare l’intera ellisse dello stadio, proprio come se fosse una partita di calcio. Risultato, duecentomila spettatori in due serate.

Il record di pubblico, però, spetta al concerto di Antonello Venditti al Circo Massimo. Anno 2001. Venditti vuole festeggiare con i tifosi la sua squadra del cuore campione d’Italia per la terza volta, e un milione di persone sono lì con lui a cantare «Grazie Roma». Insomma, se c’è da riempire uno stadio senza nemmeno il pallone, o una grande piazza bisogna rivolgersi a Gian Luca Giudici. Lui sa come fare.

Il filmato di Polverari mostra chiaramente che prima di ogni altra virtù occorre una grande passione per riuscire a concretizzare uno spettacolo che all’inizio contiene soltanto un nome. E su questo si comincia a ipotizzare uno spazio e come riempirlo, un palco e come usarlo, un parco luci e come accenderle, un impianto per il sonoro che sia all’altezza dell’evento, e poi la pubblicità, i permessi, le prove, e tutta una serie di altre forniture e partecipazioni che chiudono il cerchio del progetto. Quindi, il lavoro più noioso, ma anche il più importante, senza il quale non si può dire «ok, si parte»: la ricerca dei fondi, ossia banche a cui occorre mostrare tanta fiducia, e tanta credibilità, e non solo.

Lo spettacolo per Giudici non si esaurisce con la musica, ma abbraccia anche il teatro – ben inteso, un certo tipo di teatro – quello capace di richiamare le folle: un nome su tutti, Gigi Proietti. Nel 2000 il mattatore romano riaccese i riflettori su un suo grande successo: «A me gli occhi, please» che presentò la prima volta al Teatro Tenda di Carlo Molfese a piazza Mancini nel 1976. Giudici, con coraggio e caparbietà ripropose lo spettacolo allo stadio Olimpico. Una vera scommessa, vinta naturalmente.

Giudici con un gran sorriso non si nasconde: «Sono stato fortunato. A volte anche molto fortunato. Ma ho anche lavorato tantissimo senza mai perdermi d’animo». E Aragozzini aggiunge: «Quando capii che Gian Luca era davvero bravo, gli affidai qualunque incarico e lui lo portava a termine meglio di me».  La passione l’ha scoperta a Castrocaro Terme, quando nel 1990 partecipò al Concorso delle voci nuove, voleva fare il cantante, ma in realtà lì s’innamorò di tutto quel che succedeva dietro il palco. Ed è scoppiata lì la scintilla che ha acceso la passione per avviare una felice carriera che lo ha visto protagonista dei mega eventi, tra i quali, nel 2004 a Fiuggi, un confronto canoro, entrato nella storia della musica, tra Patti Smith e Lou Reed. «Lei – racconta Giudici – felicissima di potersi esibire al fianco della star che considerava il suo maestro. Lui alquanto spigoloso e molto chiuso: ad ogni domanda che gli veniva rivolta, rispondeva con un imbarazzante “No comment”. Il concerto si aprì con la rockstar di Chicago che in un attimo portò entusiasmo tra il pubblico, ma appena Reed entrò sul palco inspiegabilmente lanciò la chitarra addosso a Patti Smith colpendola sulla fronte. Fu un vero incubo.»

Simili rischi con Massimo Ranieri, Enrico Brignano, Teo Mammucari, Maurizio Battista non si corrono. «Con molti di loro s’è ormai stabilito un rapporto di amicizia». E forse è questa la migliore condizione per lavorare in serenità; qualità che si raggiunge con l’esperienza. Eppure, Gian Luca Giudici ha soltanto 54 anni: «Infatti, sono soltanto a metà strada!» Segno che altre emozioni seguiranno, per lui e per milioni di spettatori.

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Emozioni dietro il palco, lo spettacolo in una vita, documentario su Gian Luca Giudici, con Gian Luca Giudici, Adriano Aragozzini, Marco De Antoniis, Alessandro Dobici, Luigi Marinelli, Roberto Ramberti, Andrea Sembiante, Guido Tognetti, Tania Vega. Regia di Valerio Polverari.

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