“Guarda in Alto” al Teatro Testaccio: la recensione

di Miriam Bocchino

Una panchina, un tavolino, due cubi come sedie, dei dipinti e una finestra. Questa la scenografia dello spettacolo “Guarda in Alto”. Ombre di gabbiani accolgono lo spettatore in sala e una voce, la voce di un nonno che parla al nipote, racconta una storia.

Un nonno vestito da marinaio, questo il mestiere compiuto nella vita, eccentrico e sognatore, un nonno che non si è arreso ai suoi ottant’anni ma continua a vedere al di là della quotidianità. Un nonno che vuole insegnare al nipote, Carletto, l’importanza dei sogni e della conquista della felicità.

Giacomo, questo è il nome del nonno, ha una famiglia comune: una figlia, in crisi con il marito, un nipote adorato, una moglie ancora giovane che è sempre via di casa, una vicina sognatrice e carina e un fratello, Serafino.

Serafino, che è genovese, parla con forte accento calabrese, in quanto è stato sposato con Carmela, donna defunta, la quale non comprendeva l’italiano: questo lo ha spinto ad imparare il calabrese. È un uomo con i piedi per terra, una figura presente ma a tratti severa, che si contrappone a suo fratello Giacomo, che comunica con spiccato accento genovese, ed è un uomo dall’animo romantico e intenso.

Le conversazioni tra i due sono la componente più bella dello spettacolo. Conversazioni tra fratelli, che sul finire della vita, sentono ancora la voglia di comprenderla e di carpirne l’essenza.

Ai due si contrappongono i famigliari di Giacomo: la figlia Arianna che aspetta un secondo figlio ma continua ad essere in crisi con il marito, la moglie distratta, Maria, che appare e scompare sul palco, presa dai tanti impegni e da un senso di noncuranza per un marito che considera vecchio, pigro e noioso, ma non per questo meno amato e il prete, don Ernesto, che cerca di inserire i due fratelli nella vita della comunità religiosa.

La vicina di casa sembra essere l’unica a comprendere Giacomo: ha la forza della sua giovane età, di una vita che ancora non l’ha “circoscritta” nei suoi dolori e nelle sue mere illusioni.

Quando Arianna chiede al padre di lasciarle la casa in città, perché la sua è troppo piccola per ospitare anche il secondo figlio, Giacomo si trasferisce al mare, nella dimora della sua infanzia. Una casa ricca di ricordi, un po’ magica, che farà riscoprire a tutti che la vita è molto più di ciò che appare.

La relazione tra Giacomo e Serafino, due fratelli così diversi ma accumunati dallo stesso amore e dallo stesso desiderio di comprendere un’esistenza trascorsa troppo in fretta, è l’elemento fondante dello spettacolo.

Un’opera, in scena al Teatro Testaccio fino al 1° dicembre, toccante, delicata e intima.

“Mio fratello che guardi il mondo e il mondo non somiglia a te”.

Scritto e diretto da Paolo la Farina con la consulenza drammaturgica di Marco Falaguasta.

Con: Gianluca Blumetti, Monica Cacciamano, Franco Fraschetti, Paolo la Farina, Casagrassi Paolo, Monica Selene Massone, Lorenza Sacchetto.

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