La storia del ‘900 e del suo più grande giornalista.
Una carrellata che copre quasi un secolo, un volo sopra gli avvenimenti più rilevanti del ‘900, il tutto racchiuso tra due date: 22 aprile 1909 e 22 luglio 2001.
La storia è passata anche attraverso la vita di Indro Montanelli che non si è mai tirato indietro, l’ha inseguita, raccontata, decifrata e a volte modificata attraverso quello che lui era nel profondo: un giornalista.
A vent’anni dalla morte un libro ci aiuta a ripercorrere la sua vita, in prima linea. Controversa, sincera ai limiti della provocazione e della schiettezza toscana. Ci pensano Alberto e Giancarlo Mazzuca con il loro INDRO MONTANELLI: dove eravamo rimasti?, pubblicato da Baldini e Castoldi nella collana Le Boe.
Se ci costringessero a dipingere Montanelli con una sola parola, questa sarebbe “controcorrente”, che per il toscanaccio di Fucecchio sottintende anche la libertà di pensiero e di espressione e una certa ruvidezza dei modi diretti.
Questo suo essere controcorrente Indro ce l’ha nel sangue e sicuramente l’ha ereditato dalla famiglia. Il babbo Sestilio, professore di italiano e preside di liceo, ateo e di idee socialiste, non solo scelse per lui il nome mascolinizzato di una divinità indiana, ma aggiunse anche Schizogene, nome coniato dal greco: “generatore di separazione, seminatore di zizzania”.
“Dicono che il professor Sestilio, probabilmente un personaggio bizzarro, avesse voluto fare dispetto alla suocera. Fu comunque un nome che si rivelò poi azzeccato perché Montanelli rifiutava di allinearsi agli altri, amava mettere bene in vista le “bischerate” (come lui le chiamava) di tanti protagonisti della nostra classe dirigente e si divertiva a fare le pulci alle tante baggianate scritte e dette da persone intellettualmente non libere”.
Così inizia la vita di Indro, all’alba del ‘900, di un secolo che vivrà tutto e che lo vedrà sempre protagonista nel bene e nel male. Non sarà mai neutro, condiscendente, opportunista. Non tutto quello che ha fatto, scritto, cavalcato o appoggiato si è poi rivelato giusto, ma Indro non si è mai tirato indietro, neanche quando c’è stato da ammettere errori, valutazioni errate, cambiamenti di idea.
Alberto e Giancarlo Mazzuca, con una cavalcata incalzante e che non annoia mai, passano sul ‘900, attraverso gli occhi di chi ce lo ha raccontato non come semplice testimone ma come giornalista. Ci portano dal periodo trascorso in Abissinia, tornato recentemente di attualità, con la statua imbrattata come protesta contro il suo atteggiamento colonialista e contro il matrimonio con la giovanissima Destà, alla guerra di Spagna come inviato. Dall’appoggio al fascismo e gli ideali delusi, allo scoop dell’intervista a Hitler, l’arresto, la fuga.
E poi la carriera vera e propria nel primo dopo guerra con due grandi maestri, quelli che saranno fino all’ultimo il suo riferimento e gli amici di una vita: Giuseppe Prezzolini e Leo Longanesi.
La lunga permanenza al Corriere, fino alla mal tollerata intrusione di Giulia Maria Crespi, “la zarina”, che lo spinse all’avventura del Giornale, correndo dietro alla sua indipendenza.
In mezzo ci sono i rapporti con i maggiori intellettuali dell’epoca, con Gianni Agnelli e Spadolini, poi gli anni dell’ascesa di Berlusconi e del loro controverso rapporto.
A 85 anni sceglierà ancora una volta l’indipendenza e la libertà, fondando “La Voce”, un’avventura che avrà vita breve e che naufragando procurerà ad Indro molta amarezza. Forse per la prima volta stentava a capire quel secolo che stava finendo.
Mai però fu abbandonato dalla sua ironia e dalla grinta “Passato per una ventina d’anni per fascista e negli ultimi dieci per comunista, me la rido di entrambe le etichette”, amava dire.
Un libro questo, che è riduttivo cercare di riassumere, bisogna leggerlo, perché ogni pagina è un pezzo di storia d’Italia ma più ancora la storia di un grande giornalista, che mai un giorno della sua vita si è dimenticato di essere spettatore del suo tempo.
E’ un libro appassionante, capace di farci ancora sbilanciare nei giudizi, di farci cambiare idea, di darci la spinta a rileggere il passato attraverso quel grande testimone che è stato Indro Montanelli.
Raramente direi che la Storia con la S maiuscola e la vicenda umana di una persona coincidono come in questo caso.