La spiaggia o dell’infinita letizia

Una mirabile patina di razionalità pervade Irene, la donna-angelo che scaturisce dalla penna di Luca De Bei e che prende corpo – nella casta esplosione di sensualità di Liliana Randi – sotto la delicata mano registica di Giovanni Anfuso. “La spiaggia” presentato al Teatro Tor Bella Monaca ci introduce come una brezza leggera che accarezza il volto alla bella stagione, come un ricordo che affiora in lontananza. Un relitto del femminile così docile e spensierato è al centro di questa improbabile – eppure sempre presente – spiaggia, spia di un sentimento di pietas che, a dir la verità, ha più il sapore di una placida nostalgia che non della salsedine.

Il dramma dell’abbandono di chi conosce in profondità il bruciante allontanamento del paterno, l’amore travagliato e intraducibile che una figlia instaura con il proprio padre, ancor più se criptico, silenzioso, oscuro come in questo caso, è qui invece risolto nella possibilità tutta femminile del perdono. Vediamo maturare sotto i nostri occhi la giovane Irene dalla fanciullezza all’età adulta, come fosse un’Ifigenia mancata che, eroicamente, tace e nasconde il suo ressentiment verso quel padre che l’ha sacrificata. Solo in conclusione dell’opera si darà una sorta di svolta a questa narrazione che, di per sé, non sorprende affatto se non per quella ‘intrepida’ capacità che ha Irene di rimanere – nonostante tutto – in silenzio, senza chiedere mai: perché mi hai abbandonato? Perché ci hai tradite?

ph. Dino Stornello

Insomma, un testo piacevolmente interpretato da una Liliana Randi giocosa e spensierata, soltanto a tratti attraversata dal travaglio dell’esistenza, ma non tanto per sua responsabilità quanto per l’intenzione dell’autore di farsi paladino di un archetipo del femminile, direi, ormai – giustamente – in via d’estinzione. Quel femminile placido e riservato, in perenne attesa, che non sembra conoscere il dramma della sua identità: dove il matrimonio, la genitorialità, la vita scorrono lungo binari ben precisi e predeterminati.

Il calore dei gialli scelti dal regista avvolge il palco come un’afa marina, senza soffocarne l’immaginario interiore, ma proiettandolo su “La spiaggia” di un ricordo indelebile, in cui il volto del padre prende forma senza poi poter più essere cancellato dalla marea del sentimento.

Nel complesso, la regia e la recitazione scelgono però di rimanere intimamente fedeli al testo, in cui inspiegabilmente assente sembra essere proprio il punto di vista del femminile. Quello di Luca De Bei finisce per presentarsi come un inno tutto maschile e reazionario, nonché privo di conflittualità, del femminile; in cui, appiattito su una nozione inautentica, l’intima e silenziosa connessione che si instaura tra una figlia abbandonata e suo padre, è evocata come fosse soltanto una suggestione. Tanto che Irene non sembra davvero conoscere le lacerazioni dell’esistenza, di quel doloroso ‘uscir fuori’ per accedere alla dimensione più autentica del suo essere: una Eloisa contemporanea che gode, per citare la celebre poesia di Alexander Pope poi diventata film, della “Infinita letizia di una mente candida!”.

ph. Dino Stornello

La spiaggia – Teatro Tor Bella Monaca dal 27 al 29 aprile

di Luca De Bei
con Liliana Randi
scene e costumi Riccardo Cappello
musiche Paolo Daniele
regia Giovanni Anfuso

Produzioni Raffaello

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