“Otto. Tutti siamo tutti” di Roberta Calandra: la recensione

 di Miriam Bocchino

 

Otto. Tutti siamo tutti” è l’ultimo romanzo della scrittrice, autrice, sceneggiatrice e drammaturga Roberta Calandrapubblicato dalla casa editrice Croce Libreria. Il libro è tratto dall’omonimo spettacolo teatrale vincitore del “Premio inediti Elsa Morante 2012”.

Una collana di perle diviene simulacro di amore, sofferenza e abbandono mentre il sentimento, in grado di attraversare i tempi e le distanze, vive della sua essenza di dolore e gioia.

L’opera letteraria è struggente e malinconica, capace di coadiuvare, attraverso le parole, l’emozione nelle sue molteplici sfaccettature che si manifestano in una forza imperitura.

Otto sono i personaggi della storia, legati da un comune destino: essere incarnazione di amore.

Il romanzo, che si avvale della prefazione di Giovanni Mastrangelo, dopo un prologo iniziale, è ambientato nella Parigi del 1789 e narra il primo amore: quello tra Olympia e Philippe.

La storia fin da subito fa capolino nella vicenda: mentre Olympia è una donna che cerca di emanciparsi nella società francesesquassata dai fermenti rivoluzionari, Philippe è un uomo dedito all’alchimia. L’incomunicabilità tra due personalità così distanti crea sofferenza e inconciliabilità di vita. Tra diniego e accettazione il loro amore vive e sopravvive.

“Ma forse ci sarà ancora del tempo, per ritrovarsi, per accogliersi e respingersi, per avvicinarsi e allontanarsi, per comprendere e imparare, che di esercizio prima di ogni altra cosa, l’amore sa nutrirsi.”

La seconda storia d’amore è ambientata nell’Inghilterra del 1820.  Due uomini, Gabriel e William, sono destinati a conoscersi in un fugace incontro di anime e corpi.

Gabriel è un poeta decadente e malinconico, la cui esistenza è scossa dall’inquietudine e dalla sofferenza mentre William, pur se dedito alla scrittura, è un essere attivo, interessato alla politica e all’azione. La loro relazione labile e fugace diverrà dimora di rimpianti e ricordi, trasformandosi in cambiamento e dolore.

In una società che rifugge l’amore omosessuale diviene infattiimpossibile per Gabriel rincorrere il suo sogno d’amore, mentre in William l’impedimento diventa desiderio di azione e di allontanamento.

“Il Tempo non conta per me: il poeta è come un usignolo nascosto nella tenebra che canta a rallegrar di dolci suoni la propria solitudine, i suoi ascoltatori son come uomini incantati dalla melodia di un musicista invisibile…”

La storia tra Milena e Greta è dolorosa ed evocativa: ambientata nella Germania del 1940 in un campo di concentramento, è simulacro di terrore e bellezza.

L’amore tra le due donne, prigioniere della barbarie nazista, è metafora di come l’amore riesca a germogliare nonostante l’orrore. La vacuità, di cui spesso l’esistenza è portatrice, non impedisce l’emergere della speranza.

Milena è una donna impavida, fiera, in grado di opporsi alla pauramentre Greta è fragile e delicata ma resa forte dall’amore della sua donna.

Il cielo stellato, custode delle loro emozioni, illumina anche i posti in cui l’orrore ha la sua dimora, splendendo su un amore che è capace di contrapporsi al dolore e alla storia.

La quarta trattazione del sentimento ha per protagonisti Elena e Giacomo. Il loro rapporto, poco romantico ed eroico, è permeato di contemporaneità.

I due personaggi sono contrapposti per età ed esistenza: Elena è una donna cosciente, in carriera e con ambizioni ben delineate,mentre Giacomo è un ragazzo con la possibilità lecita di sbagliare. Il loro incontro, figlio della società moderna, è immediato e forse necessitante di “lentezza”.

Roberta Calandra riesce con dovizia di particolari a caratterizzare tutti i personaggi del romanzo, legati da un filo di perle, allegoria del medesimo amore, manifestando la loro forza e debolezza.

È più forte l’agire o il pensare? L’amore è salvezza e rifugio oppure attuazione e cambiamento?

La storia sociale e politica, seppur il libro racconta il sentimento e il suo perpetuo divenire, è l’elemento in grado di rendere manifesto come l’affetto sia sempre permeato della società in cui si vive.

L’evoluzione dell’amore e il suo “esserci” sono anche soggettività del vissuto.

“Otto. Tutti siamo tutti”, attraverso una scrittura fluida e accurata, è un romanzo empatico e trasversale.

Teatro Roma
Grazia Menna

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