Quando la musica si fa parola

Un sogno di cambiamento e bellezza quotidiana: la rilettura di Elio Germano e Theo Teardo allo Spazio Rossellini di Roma

Lo Spazio Rossellini di Roma, ha ospitato nella serata dello scorso 5 marzo, l’opera teatrale Il sogno di una cosa. Elio Germano e Theo Teardo hanno proposto al pubblico che ha affollato la sala, una libera rilettura di uno dei primi testi che Pier Paolo Pasolini scrisse nel 1949.  L’opera anticipa molti temi centrali della poetica pasoliniana; non vi è un unico protagonista, ma una coralità di giovani che, con piccoli e spesso fallimentari tentativi, cercano di emanciparsi dalla miseria e dai condizionamenti sociali. Il romanzo esplora il contrasto tra tradizioni e gerarchie religiose e sociali e il desiderio di cambiamento alimentato dall’ideale comunista. Questo scambio, centrale nella seconda parte del libro, è narrato con una leggerezza sognante, che trova sintesi nelle pagine finali. I protagonisti inseguono una vita gioiosa, affrontando la povertà con musica e allegria, ma mantengono una forte etica del “fare” più che del lavorare. Amano la loro comunità senza forzature e vivono una sensualità intensa ma mai eccessiva, che emerge anche nelle figure femminili, pur timide ma significative.

Il sogno di una cosa – Elio Germano

È uno spettacolo che non si limita a una semplice lettura scenica, ma si trasforma in un’esperienza sensoriale totalizzante, in cui la musica diventa il fulcro emotivo e narrativo. La  vibrante forza evocativa delle parole di Pier Paolo Pasolini, la vocalità sfaccettata di Elio Germano e la potente architettura sonora di Teho Teardo, consentono al pubblico di emozionarsi all’ascolto ed all’interpretazione di Germano, che con tutta la sua fisicità e l’eccellente modulazione dei toni, amplifica lo spessore del messaggio pasoliniano.

La narrazione si snoda attorno al destino di tre giovani friulani – Nini, Milio ed Eligio – che, mossi dalla miseria e dal desiderio di una vita migliore, attraversano clandestinamente il confine per raggiungere la Jugoslavia. L’ingenuità del sogno di cambiamento si frantuma contro le asprezze del dopoguerra e le ombre di un boom economico che non salva tutti. Il viaggio diventa un canto malinconico e impetuoso, in cui le note si fanno eco della disillusione e del sacrificio.

Elio Germano sul palco, accompagna la sua recitazione con delle incursioni musicali che amplificano la tensione emotiva. L’organetto, le nacchere, le percussioni lignee: strumenti che diventano estensioni del racconto, scandendo il ritmo della narrazione con suoni che evocano passi furtivi nella notte, il battito di un cuore in fuga, il respiro spezzato dell’attesa.

Teho Teardo costruisce un universo sonoro che non è mai mero accompagnamento, ma una tessitura musicale che amplifica e modella la narrazione. La sua musica non segue la parola: la precede, la avvolge, la sfida. L’elettronica si fonde con i suoni naturali – il vento che sibila, la pioggia che scivola, il canto distante di un uccello – mentre campane ora solenni ora funeste scandiscono il ritmo della memoria. Il suono diventa materia viva, un paesaggio sonoro che si dilata e si contrae, travolgendo lo spettatore in un vortice di emozioni. Il gioco di luci che accompagna la narrazione aiuta il pubblico a sentirsi dentro la storia, così la luce d’ambiente passa da un azzurro/blu morbido, alle spalle dei due protagonisti,  ad un verde “umido”, quel verde che la natura restituisce all’interno di una boscaglia quando piove o è appena piovuto, nel passaggio narrativo della fuga dei tre amici friulani verso la Jugoslavia , attraversando boschi e vegetazione.

La lingua friulana di Pasolini si insinua nella narrazione come un sussurro antico, un filo diretto con le radici della sua poetica. Voci registrate – che avvolgono la platea ora risuonando alla destra egli spettatori , ora alla loro sinistra così da farli sentire al centro dell’azione narrata – emergono e si dissolvono, creando un dialogo tra passato e presente, tra fantasmi e carne, tra storia e sogno. La memoria si fa tangibile, un’onda sonora che restituisce il riverbero di un’epoca che non si lascia dimenticare.

Il cuore del romanzo di Pasolini pulsa nella lotta: la giovinezza che sfida la brutalità delle condizioni sociali e politiche, il desiderio di riscatto che si infrange contro il muro della rassegnazione. “Sogno di una cosa” non è solo teatro, non è solo musica, non è solo letteratura: è un’onda emotiva che travolge e avvolge, una partitura di vite sospese tra il desiderio e la disfatta, un concerto di sogni e di silenzi che si rincorrono in una tensione eterna.

Il sogno di una cosa – Theo Teardo

Al termine dello spettacolo, il pubblico ha tributato un lungo e caloroso applauso, ripetuto più volte con sincera partecipazione, non solo per rendere omaggio alla straordinaria interpretazione dei due artisti sul palco, ma anche per celebrare la potenza evocativa e il genio letterario di Pier Paolo Pasolini, la cui opera continua a risuonare con immutata intensità nel cuore degli spettatori

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Il Sogno di una cosa – di e con Elio Germano e Theo Teardo – liberamente tratto dal capolavoro di Pier Paolo Pasolini – Una produzione Pierfrancesco Pisani per Infinito Teatro e Argot Produzioni – – coproduzione con Fondazione Teatro della Toscana – con il contributo di Regione Toscana
Spazio Rossellini dal 5 al 9 Marzo 2025

Foto di ©Grazia Menna

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