Vittorio Grigolo: l’intervista di Tonino Pinto

Qualche giorno fa spinto dall’amico Tony Renis e scrivendo un articolo per Quarta Parete sui grandi protagonisti della musica contemporanea italiana, assai ricca in verità di voci straordinarie, ho riascoltato rapito alcune performance del giovane tenore Vittorio Grigolo, una voce possente e delicata allo stesso tempo coinvolgente. “Una furtiva lacrima”, “La Traviata”, “Rigoletto”, “Elisir d’amore”, “La Manon Lescaut”.  A 23 anni già alla Scala con Riccardo Muti, ad Atene scelto dall’organizzazione mondiale per l’apertura ufficiale delle Olimpiadi emozionò con “Nessun dorma”, al Metropolitan di New York debutta con La Boheme. Lo vogliono alla Royal Opera di Londra, all’Arena di Verona, conquista pubblico e critica con un vasto repertorio di opere: da Verdi a Puccini da Donizetti a Gounod, la sua voce, la sua prorompente personalità artistica esplode in tutti i maggiori teatri del mondo, diretto da grandi nomi come Riccardo Muti, Zubin Mehta, Daniel Oren, Antonio Pappano, solo per citarne qualcuno. Per personalità e potenza di voce, gli appassionati lo accostano all’immenso Luciano Pavarotti e pensare che Grigolo sceglierà la sua straordinaria carriera proprio debuttando al Teatro dell’Opera di Roma ancora ragazzino tredicenne nella “Tosca” proprio al fianco di Pavarotti.

Il mondo dello spettacolo in generale come ben sai è caratterizzato da invidia e una strisciante cattiveria il più delle volte gratuita, gli amici sono da considerarsi perle rare.  Uno di questi al quale sei molto legato è senz’altro Tony Renis, uno che di voci se ne intende.

Premesso che Tony Renis è una legenda vivente, vorrei sottolineare che è soprattutto un uomo eccezionale, stimato in tutto il mondo, un amico vero, grande cuore, un uomo a cui io devo tantissimo.  L’averlo incontrato era quello che mi ci voleva.

Dove sei in questo momento?

Sono a Kiev in questo momento per una serie di Masterclass dedicati ai ragazzi che amano l’opera lirica e devo dire che la passione di questi giovani si tocca con mano ed è un vero piacere stare con loro. Qui fortunatamente sono lontano dai “cattivi” e il successo viene vissuto sènza  invidia. Certo non si può piacere a tutti.

La cappella Sistina è stata un bel trampolino di lancio per te.

La Cappella Sistina è una palestra fondamentale soprattutto per i giovani come lo è stata per me, è una grande realtà, partendo dal canto gregoriano. Si impara moltissimo, un sistema, una metodologia del canto che mi ha dato tanto in termini di disciplina, armonia e soprattutto mi ha fatto capire l’importanza del  palcoscenico per l’opera lirica, e quanto sia  importante lavorare per l’insieme e non tanto per il singolo, non per se stessi.

Come fu quella tua prima volta, quando debuttasti proprio all’Opera di Roma con la Tosca insieme a Pavarotti?

Beh ero un ragazzo pieno di speranze, avere quella possibilità di interpretare il ruolo del pastorello è stata un’esperienza che mi ha segnato moltissimo. Se ci ripenso, mai avrei potuto immaginare che oggi avrei interpretato Cavaradossi, insomma è stata una cosa che non dimenticherò mai.

Nonostante i tanti successi in tutto il mondo, l’accostamento affettuoso dei tuoi fans al grande Luciano Pavarotti che effetto ti fa?

Il successo è un continuo stimolo, credo che chi  non si reinventa in questo lavoro sia destinato a sedersi. Comunque l’accostamento nei confronti di un grande maestro come Luciano Pavarotti mi inorgoglisce, è certamente un traguardo, non sarà mai vero, ma comunque mi inorgoglisce e mi rende felice.  25 anni di carriera non sono pochi se penso che per arrivare a questo ho lavorato tantissimo.

 

A 23 anni approdi alla Scala di Milano con la direzione di Riccardo Muti

Alla Scala quella sera c’era anche il Presidente della Repubblica Ciampi, non posso dimenticare quello che è successo e soprattutto non posso dimenticare quello che ho dimenticato.  Ho dimenticato lo spartito del “Notturno a cinque voci” di Verdi che è una cosa gravissima. Arrivai sul palcoscenico completamente stordito dall’emozione e rivolgendomi alla bravissima soprano Barbara Frittoli le dissi: “Dammi una mano ti prego”.  Muti mi guardava storto, lo spettacolo stava per cominciare, guardai lo spartito ma dalla platea e anche da casa dalla televisione sembrava che guardassi la scollatura della Frittoli, mio padre si arrabbiò moltissimo, poi fortunatamente andò tutto bene.

Hai girato i teatri di tutto il mondo o quasi. diretto da star come Muti, Abbado, Zubin Mehta, Daniel Oren e Pappano, Lorin Maazel.

Mi affascinano tutti: la ricercatezza di Muti, la passione di Abbado, i colori di Maazel il gesto di Zubin Mehta, lo stesso Lorin, altro grandissimo incontro, mi ha visto all’inizio della mia carriera che ero un ragazzino al debutto in Tosca e  mi ha rivisto  ora  come protagonista all’Arena di Verona nella medesima opera lirica.

Netflix segna l’evoluzione dell’immagine cinematografica e non solo, sarà così anche nel magico mondo della lirica?

 Spero tanto che non si perda mai la magia del teatro e sapete perché?Chi segue e chi ama il teatro credo che sarà d’accordo con me. Più che mai in questo lungo periodo di quarantena che sta sconvolgendo la vita di tutti noi, la gente ha capito quanto sia importante stare vicino agli altri, quanto sia fondamentale arricchirsi del fascino del contatto umano, dello stare insieme. Insomma dal vivo in una platea a guardare uno spettacolo senza filtri, che ti avvince, che ti conquista perché ce l’hai lì davanti, vivere un’emozione.  Io credo che sia insuperabile per la lirica, così come per il teatro e mi auguro che tutto quanto questo non cambi, con tutto il rispetto che io posso avere per la modernità dell’informazione, dell’immaginifico di Netflix, di Amazon e di tutto quello che è il mondo moderno della comunicazione può offrire.

Teatro, la televisione, la “Traviata” nella stazione centrale di Zurigo, “L’elisir d’amore“ all’ aeroporto della Malpensa a Milano e il cinema?  Qual è il tenore che ti piacerebbe portare con la tua voce e la tua fisicità sullo schermo?

 Beh il mio idolo è stato e rimarrà sempre Luciano Pavarotti, certo riportare cinematograficamente Pavarotti è quasi impossibile per quanto mi riguarda, però la storia del grande Enrico Caruso ma anche quella di un altro grande tenore come Maria Lanza che era di origine italiana e che ha lavorato moltissimo ad Hollywood, ecco se potessi scegliere  per esempio mi piacerebbe portare sul grande schermo la storia di questi due grandi tenori, sarebbe un’accoppiata vincente, un qualcosa di magico interpretare due grandi della lirica, mi gratificherebbe moltissimo.

Sei stato dappertutto, come vivi la tua popolarità?

Se fai questo mestiere sei fortunato, devi considerarlo un regalo anche se è faticoso. Certamente non è come andare a scavare in una miniera, sei un’artista e devi vivere da artista. La popolarità significa riconoscenza del proprio lavoro e se la gente ti viene a cercare e ti ferma per la strada lo devi accettare, fa parte del gioco anche perché se non ti riconoscono ci rimani male.

 

Pavarotti & Friends ha visto Big Luciano confrontarsi con i grandi personaggi della musica pop. Tu ti sei esibito con Sting, Bruce Springsteen e James Taylor.

Una volta Tony Renis mi ha detto che io sono il primo tenore rock perché a New York una sera in un concerto di beneficienza ho cantato “E lucevan le stelle” e subito dopo “The show must go on”, fantastico, un concerto meraviglioso quello con Sting e Springsteen, e mi ero vestito anche da Babbo Natale. Il grande Luciano aveva capito prima degli altri (in questo è stato un visionario), che per fare arrivare alle masse l’opera lirica era necessaria un unione anche visiva come esecuzione fra pop e lirica e questo ha determinato il grande successo di Pavarotti&Friends dove si sono esibiti i grandi della musica internazionale come Zucchero, Bono, Anne Lennox e tanti altri. I giovani e questa è la grande sorpresa, seguono la lirica, amano la lirica, la melodia e in questo ha contribuito anche il cinema americano che ha curato tanto il classico, se pensiamo per esempio a “Pretty Woman” dove c’era la “Traviata” e poi le sinfonie di Ennio Morricone stringono l’occhiolino alla lirica, le sue melodie sono davvero straordinarie e aggiungerei anche la televisione che ha dato un contributo importante alla diffusione.

Pavarotti, Carreras e Domingo, restano indelebili le immagini di quel concerto unico nel suo genere dei tre tenori a Caracalla. Se tu avessi una bacchetta magica e potessi avere questo tipo di opportunità, chi vorresti con te in un evento del genere?

Sicuramente Zubin Mehta che si è ripreso magnificamente dopo un periodo in cui non è stato bene e insieme a lui accanto a me Jonas Kaufmann e Diego Flórez con un repertorio classico un po’ più vasto fermo restando che i tre tenori non si discutono, pero insieme a questi due grandi professionisti penso che potrebe venire fuori un concerto ricco di novità.

E allora in attesa che la bacchetta magica tiri fuori dal cilindro un altro grande evento, magari Grigolo&Friends, ringrazio Vittorio Grigolo per questa bella intervista e vorrei sottolineare in chiusura un’iniziativa che ha visto protagonista questo straordinario artista amato in tutto il mondo insieme a Giancarlo Giannini, protagonisti eccelsi di un breve corto dal titolo “The good italian III”, un omaggio alla vera immagine della napoletanità. Senza dimenticare che a luglio il “nostro” sarà impegnato a Piazza di Siena a Villa Borghese per la messa in scena del “Rigoletto” diretto dal maestro Daniele Gatti.

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